Riscoprire le proprie radici

Riscoprire le proprie radici:
«Ecco perché mettere in rete gli archivi ecclesiali di Corato»

Il ruolo degli archivi ecclesiali di Corato nei secoli e
l’importanza di mettere on line i dati ai fini della ricerca
genealogica. Parla James Smith, presidente
dell’associazione “Atelier Généalogique” di Marsiglia

Corato domenica 05 luglio 2020
di Marina Labartino


Riscoprire le proprie radici: «Ecco perché mettere in rete gli archivi ecclesiali di Corato» © Scatto
Matto di Niccolò Testino
Sono trascorsi oltre 140 anni da quando i primi coratini sono emigrati in Francia (nel
1876 verso Grenoble a Fontaine), circa 118 verso gli Stati Uniti (nel 1902) e oltre 70
verso il Venezuela (a partire dal 1947). Oggi, i discendenti di questi primi emigranti si
sono perfettamente integrati nella loro terra di accoglienza. Allo stesso tempo, però,
c'è un crescente desiderio di scoprire le proprie origini. In questo viene in aiuto la
genealogia, divenuto un fenomeno sociale diffuso in tutto il mondo.
Numerosi sono i siti (come Geneanet, il più vasto di Francia) che hanno pubblicato
alberi genealogici (circa un migliaio) contenenti dati di almeno una persona nata a
Corato. In tale contesto gli archivi ecclesiastici rivestono una particolare importanza.
Va precisato che la digitalizzazione di una parte degli archivi della Chiesa Matrice di
Corato (“Atti di Battesimi” dal 1582 al 1925/1930 e “Registri di matrimonio” compresi
tra il 1584 e il 1925/1930) è già stata effettuata nel 2008 da Pierre Marzocca,
francese discendente da migranti coratini -al quale va tutta la gratitudine per la mole
di lavoro svolto- su richiesta del rettore dell'epoca don Gino Tarantini, sacerdote
lungimirante circa la scelta di tutelare e conservare su supporto digitale un
patrimonio storico che rischiava di andare disperso non solo a causa di vetustà e
fragilità ma anche per la conservazione alquanto difficile, in ambienti poco idonei.
Oggi la versione digitale di questi dati è in possesso di don Giuseppe Lobascio,
attuale vicario della Zona Pastorale San Cataldo, nonché rettore della Chiesa Matrice
di Corato. Resta ancora da informatizzare il registro dei defunti, il registro delle
promesse di matrimonio e il registro genealogico che la Chiesa Matrice ha redatto in
passato per evitare nozze tra consanguinei.
Al proposito abbiamo intervistato il professor James Smith, presidente
dell’associazione “Atelier Généalogique” di Marsiglia, che ci illustra il ruolo
fondamentale assunto dall’Archivio Capitolare di Santa Maria Maggiore nel corso dei
secoli per le famiglie coratine.
Nella seconda metà dell’800, l’80% della popolazione italiana, e ovviamente
coratina, risultava essere analfabeta. La maggior parte delle persone non
aveva quindi la possibilità di verificare eventuali errori commessi dagli
impiegati dello Stato Civile sui documenti. In che modo gli archivi della Chiesa
venivano in aiuto?
«Pierre Marzocca, che ha ricostruito parte della storia della sua famiglia, mi ha
ufficialmente autorizzato a usare e pubblicare i suoi dati (lo ringrazio per la cortese
disponibilità) come dimostrazione di quanto fondamentale sia stato il ruolo sociale di
verifica della Chiesa in alcune situazioni poco chiare. Nel 1907, infatti, emerse un
errore che fu possibile correggere proprio grazie alla consultazione dell’archivio
capitolare. In quel tempo la famiglia Marzocca ha dovuto "riordinare" i documenti
dello Stato Civile affinché si potesse celebrare il matrimonio di Rosa Marzocca (figlia
primogenita di Giuseppe Marzocca e di Maria Masciavé) con Pasquale Rutigliano.
Questo perché nel certificato di nascita dello Stato Civile di Rosa Marzocca, nata nel
1887, risultava che il nome della madre era erroneamente Rosa Mangione anziché
Maria Masciavé. Grazie alla ricerca effettuata presso gli archivi ecclesiastici, il
Tribunale di Trani si pronunciò il 25 marzo 1907 sulla variazione, lo Stato Civile poté
essere rettificato e il matrimonio celebrato il 26 maggio di quell’anno. Attraverso la
consultazione dei suoi archivi, la Chiesa ha evitato intoppi di ogni genere e
consentito di correggere errori e/o imprecisioni».
Tra i compiti della Chiesa, troviamo anche quello di verificare i legami di
sangue tra i nubendi.
«Sì, addirittura a Corato c’è proprio un registro dedicato che non è stato ancora
digitalizzato. Nelle società endogame i matrimoni si contraevano quasi sempre tra
persone residenti nello stesso paese, cioè generalmente tra cugini più o meno
lontani. Secondo il diritto canonico i matrimoni tra cugini di secondo grado (con nonni
in comune) non erano ammessi, salvo l'autorizzazione del Pontefice; tra cugini di
terzo grado (nati da cugini di secondo grado, con bisnonni in comune), era invece
necessaria la dispensa del Vescovo. Un esempio di verifica è quella relativa al
matrimonio contratto tra Rosa Marzocca e Luigi Di Gioia nel 1910. Come si evince
dal ricostruito albero genealogico, la situazione era confusa.
Teresa Scaringella (nata nel 1858), moglie di Cataldo Marzocca (nato nel 1855) e
madre di Rosa (nata nel 1889), era sorella di Angela Maria Scaringella (nata nel
1840) coniugata in seconde nozze con Luigi Di Gioia (nato nel 1827). In prime nozze,
invece, lo stesso Luigi Di Gioia (nato nel 1827) sposò Maria Domenica Rubini (nata
nel 1823), dalla quale ebbe un figlio, Vincenzo (nato nel 1852), padre di Luigi Di
Gioia (nato nel 1883) e promesso sposo di Rosa Marzocca. Dunque, nonostante il
rapporto che univa nonno Luigi Di Gioia alle due famiglie, non c’erano
controindicazioni al matrimonio: Rosa Marzocca era una semplice nipote acquisita
per parte di madre. Dalla verifica risultò che non sussistevano legami di sangue tra i
due sposi e non fu necessaria alcuna dispensa».
Altrettanto diffuse erano le omonimie, causate dall'usanza di imporre ai nipoti
lo stesso nome dei nonni, generando rischi di confusione elevati. Come ci si
districava?
«Per tutte le verifiche la Chiesa si concentrava soprattutto sull'identità della madre.
Ad esempio, tra i documenti della famiglia Marzocca, compaiono più volte i nomi
Luigi, Grazia e Rosa, con cognomi anche identici. Luigi Marzocca, nato il 12 gennaio
1825, figlio di Domenico e Nunzia Piombino, sposò Grazia Tedone il 24 febbraio
1854. Grazia, nata il 27 settembre 1834, era figlia di Pasquale Tedone e Rosa Craco.
Luigi Marzocca, nato il 25 febbraio 1830, figlio di Vincenzo e Maria Caccavo, sposò
Rosa Tedone il 19 luglio 1851. Rosa, nata il 7 ottobre 1831, era figlia di Cataldo
Tedone e Grazia Tempesta. Grazia e Rosa Tedone erano cugine di primo grado;
avevano in comune i nonni paterni: Francesco Tedone (1770-1845) e Rosa
Tarricone (1776-1816). Pierre Marzocca ha verificato di essere discendente di Luigi
Marzocca e Rosa Tedone».
La consultazione degli archivi ecclesiastici non solo consentiva di districare i
casi di omonimia, ma anche quelli relativi a discordanze tra il cognome dei figli
con quello del padre.
«Sì, lo conferma l'estratto della foto del libro 16 che, consultato in occasione delle
nozze tra Pietro Marzocca e Rosa Di Candia, determina il seguente albero
genealogico:
La sfida essenziale per il genealogista ecclesiale sembra essere stata quella di
identificare la famiglia della sposa Rosa... Di Candia o Di Candido? C'era almeno
una confusione ortografica da chiarire, come mostra il dettaglio della foto del
patronimico:
Ecco le origini di Rosa Di Candia: Mauro Di Candia morì nel 1836. Suo figlio,
Giuseppe, nato nel 1814, fu invece registrato con il cognome Di Candido e con lo
stesso cognome sposò Angela Bonadies il 16 gennaio 1842. Suo fratello Pasquale
(nato nel 1821 e registrato anch’egli come Di Candido), sposò Maria Lastella (o La
Tella) nel 1844. Mauro Di Candido, nato nel 1844, figlio di Pasquale, sposò Rosa
Bonadies nel 1865 generando Pasquale Di Candido nel 1866. Quest’ultimo sposò
Anna Piccarreta che dette alla luce Rosa Di Candido nel 1903, ma la neonata venne
registrata inspiegabilmente con il cognome Di Candia, come il trisnonno, e con tale
cognome sposò Pietro Marzocca nel 1919. Anche il fratello di Rosa, Mauro, nato nel
1910 venne registrato con il cognome Di Candia. mOggi i due cognomi -Di Candia (o
De Candia) e Di Candido- coesistono, ma forse non nella stessa famiglia».
Per quale motivo oggi, secondo lei, la Chiesa dovrebbe mettere in rete i suoi
archivi ecclesiali?
«Ai fini della ricerca delle origini, che oggi si conferma sempre più un elemento del
diritto europeo, lo sviluppo della ricerca genealogica - in particolare attraverso
Internet - permette ai discendenti degli emigranti di accedere più agevolmente alla
storia familiare e, potenzialmente, contribuire con la loro testimonianza
all'approfondimento della storia delle migrazioni, dimostrando il valore della loro
presenza all’interno della vita economica e sociale dei paesi ospitanti. Documentarla
è diventato complesso in quanto, alla transnazionalità di alcune famiglie, si è
aggiunta la difficoltà dovuta alla natura endogama della società coratina e pugliese in
generale. In alcuni casi, la ricerca potrebbe anche permettere ai discendenti degli
emigranti di riscoprire legami familiari dimenticati da tempo.
Sono queste le argomentazioni che giustificherebbero pienamente la messa a
disposizione online dei registri della Chiesa in modo che gli interessati di tutto il
mondo possano accedervi. La chiesa cattolica è cosciente del dovere che ha di
custodire e mettere a disposizione degli studiosi l'immenso patrimonio storico da lei
detenuto, favorendo l’accesso ai dati anche mediante le nuove tecnologie. Questo
perché il Vaticano sembra incoraggiare l'uso degli archivi per la ricerca, non esiste
una legge che vieti la pubblicazione degli archivi online tant’è che molte sono le
diocesi italiane che lo hanno già fatto da tempo».

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